Facciamo che entra

L’altra mattina, sul lungomare-che-non-c’è di Palermo, alcuni ragazzi giocavano a basket. A un certo punto uno di loro ha provato un tiro da tre difficilissimo. L’attimo si è cristallizzato, e così il cielo, il riverbero del sole, i clacson in sottofondo. Ognuno sperava qualcosa di diverso, io scattavo questa foto: il pallone entrerà o non entrerà? Il ragazzo esulterà o si dispererà? Era l’ultimo tiro prima di tornare a casa o continueranno a giocare? Non so perché mi è venuto in mente il 2022, ho pensato Dai, facciamo che entra.

Paris c’est quoi? Paris c’est qui?

Qualche mese fa, una persona che stimo mi ha sorpreso scrivendomi che le dispiaceva che partivo per Palermo perché quando parto per Palermo ha sempre l’impressione che poi non torno a Parigi e così Parigi perde qualcuno di bello. Sono rimasto senza molte parole perché non sappiamo mai come ci vedono gli altri da fuori e, soprattutto, non è così frequente che la gente dica le cose belle. Il primo gennaio 2021, verso sera, stavamo camminando a piedi senza meta e a un certo punto ci siamo fermati nei pressi di place des Vosges, che piace sempre a tutti ma a me insomma. E invece quella sera mi è parsa magnifica, i portici, questa piccola rue de Béarn, il giallo dei lampioni, il freddo che trasi ‘ndallossa, il silenzio. Il silenzio. E, mentre scattavo questa foto, mi sono tornate in mente le parole della persona che stimo e poi ho pensato che dopo tanti anni ancora mi chiedo, come in quella vecchia canzone: Paris c’est quoi? Paris c’est qui?

Vedi se trovi una pietra

“Vedi se trovi una pietra, bella grossa mi raccomando”

Tutto quello che c’è da capire su qualcuno lo capisci da come pianta gli ombrelloni (o da come istruisce gli altri sul piantare gli ombrelloni) (o da come li lascia a casa, gli ombrelloni e tuttecose).


[The Weeknd – In your eyes]

Il tubo verde

Una cosa che forse conta, in questo cursore che sempre lampeggia, è la giusta distanza, per esempio tra un sostantivo e un aggettivo, tra un pensiero e l’arte che mettiamo giù in forme imperfette e remote, tra una finestra senza vetri e le cose che pensavo fossero mie: se afferri il tubo verde, lo vedi?, e lo tiri, capisci senza indugio dove volevo portarti con questa foto.

[Alfie Templeman – Things I Thought Were Mine]

La solitude des arbres

Ci sono abitudini che fanno presto a consolidarsi, e persino la prima volta ti sembra già l’ennesima, senza il peso di quella doppia enne, e questa abitudine, questa foto, è fatta di una robusta accelerata in salita, di pedali che girano da soli, di una frenata rumorosa come ogni vecchia bicicletta esige, e infine di occhi a fessuretta per inquadrare, campo stretto, quelle tre gambette esili esili e i ciuffetti verdi in testa, il tempo di dire Va bene, tutto a posto, e ripartire. 

[Purple disco machine + Sophie and the giants – Hypnotized]

Breve storia panormita

Possono essere le nove, le nove e un quarto del mattino. Il lungomare sa già d’artificio e olio esausto. Gente, poca. Io corro, sbuffo, vedo Madonne, colo sudore e fiducia in un mondo migliore. Da lontano vedo una figura minuta assittata su un muretto. Rallento, mi fermo, metto le mani sulle ginocchia, respiro. Si tratta di una donna, vecchissima, ottanta a salire. Sul palmo della mano destra tiene un piattino di plastica pieno di panelle e crocchette fritte. Con il pollice e l’indice dell’altra mano prende una panella e inizia a succhiarla, lentamente, come fosse un ghiacciolo di refrigerio. Sta godendo. Mi guarda, mi fa: Vuole favorire? La guardo, sorrido, le faccio: No, grazie, ho smesso nel ’93. Lei si raccoglie con il mignolo sinistro un rivolo di sugna. Con il mento mi indica un punto verso gli scogli. Un uomo sulla cinquantina sta prendendo il sole con indosso uno striminzito slip fosforescente e una mascherina che gli copre naso e bocca. La vecchia annuisce, si lecca un dito, dice: Ognuno. Io annuisco pure, penso al segno dell’abbronzatura sulla faccia di quell’uomo, poi dico: Vabbè, buona giornata signora, arrivederci. Lei non dice niente, fa solo un gesto con la mano sinistra, come a scacciare un malo pensiero, poi prende una panella e ricomincia a succhiare. 

[Topic + A7S – Breaking me]

Lo scoglio Palermo

Questo scoglio si chiama Palermo, perché a Palermo anche gli scogli guardano l’orizzonte e rimangono a bocca aperta, quando il caldo ha appena girato l’angolo lasciando dietro di sé una tabula rasa di meraviglie, costumi bagnati, amori passati e amori futuri, e tra poco lo scoglio Palermo getterà un ultimo sguardo a quella buffa linea che pare essersi coricata liscia liscia solo perché non aveva niente da fare, solo qualcuno da incontrare, qualcosa da sognare, e tornerà indietro, oscillando la testa di qua e di là, spasmi intermittenti di incredulità, pensando a quel che accade, dopo lo stupore.

[KERA feat. Devendra Banhart – Bright future ahead]

L’angolo acuto

Ognuno ha i suoi angoli. Il mio è acuto, lo vedi?, qui vengo a cercare ombra, lo so, non sembra, ma fa tutta l’ombra che serve. Qui vengo a ricordarmi delle biunivocità tra le parole e le cose, del mondo. Questo è un albero. Un albero, un albero. Ci sono parole che più le ripeti e più si scontornano, si staccano dalle cose. Non questa, non l’albero dove vengo a trovare il mondo dove e come sta. L’altro giorno c’era una persona che si pigliava il fresco qua sotto. Scrutava quella linea dritta come se stesse cercando il trucco, l’anomalia, la consolazione. Io avevo la mano messa a visiera, vedevo e non vedevo. “Per settimane non ho pensato ad altro”, ha detto. Ho annuito, sapevo cosa volesse dire. Siamo rimasti in silenzio, ognuno a tirare diagonali, muovere compassi, lo sguardo pivotante. “Non mi avevi riconosciuto, vero?”, ha aggiunto dopo un po’.

[Valentina – You know where my happiness went]

Non è mica così scontato

E passando di qua, per molti potrebbe essere ovunque, ma non per me, ti ci posso portare occhi chiusi e talloni dritti, ebbi la tentazione di scippare quel vaso di figuriña e portarmelo dietro, sì ma dove?, non ho nemmeno un biglietto di ritorno, questa smania di desiderare le cose per poi lasciarle dove sono, e andare dritto, e ogni tanto voltarsi indietro solo per assicurarsi che siano ancora lì, e ora mi volto e i figuriña sono ancora lì. Che poi, se ci pensi, non è mica così scontato.

[Maribou State – Part time glory]