Ma quindi non possiamo abbracciarci?

Tra tutti i momenti surreali di questo anno un po’, come dire, sminchiato, nella Top Infinito ci mettiamo questo. La hostess che spiega l’inutile procedura d’emergenza (“se l’aereo cade”: quante probabilità ci sono che la storia vada avanti dopo un incipit così?), incartandosi con la mascherina chirurgica. La tocca, la mette di lato, la rende inutile (come le nostre vite, “se l’aereo cade”), in un incastro di lacci ed elastici, e io tiro un sospiro e una linea al fondo di questi cinque minuti: un malessere da archiviare prima possibile, lo sa lei e lo sa questo volo Parigi-Palermo, pieno per due terzi e molto, molto emozionato per il fatto di essere il primo volo in assoluto di questa compagnia dopo tre mesi e mezzo di **** (ognuno si senta libero di scegliere una sintesi qualsiasi).

“E se l’aereo cade mi raccomando niente panico, prendete la maschera dell’ossigeno con due mani, tirate l’estremità verso di voi e indossatela. Ma prima togliete la mascherina chirurgica, altrimenti, beh, non funziona”.

“Buongiorno a tutti, siamo molto contenti di avervi a bordo”, dice la voce maschile e calda del pilota, “e quando dico molto contenti intendo che siamo DAVVERO molto contenti”, e io e la tipa seduta un posto in là ci guardiamo nell’unico modo che ormai ci è concesso, nel profondo dei tuoi occhi nero petrolio, oh com’è sexy cercare di intuire chi c’è sotto la maschera, e sorridiamo di fremiti chiedendoci “ma perché non passa qui alla fila numero 7 e ce lo ripete altre tre o quattro volte quel DAVVERO?”, ma c’è poco tempo per sognare di ASSEMBRAMENTI proibiti. Siamo partiti da nemmeno dieci minuti e, nell’ordine: la vecchia davanti a me ha abbassato il sedile che si sente già a Mondello; un’altra vecchia, francese, inizia a tossire e, per farlo, abbassa la mascherina (“Signora lo sa che se inizia a fare così in Italia la arrestano per PROCURATO FOCOLAIO?”); una infante posseduta dal demonio strilla e piange come se là fuori ci fosse una pandemia globale e l’ultima cosa che lei vuole è farsi un lockdown con i passeggeri di questo aereo.

(Il mondo del dopo somiglia molto al mondo del prima)

“Accetta il controllo e l’apertura dello zaino?”
“E se mi rifiuto?”
“Non può”
“E allora perché me lo chiede?”
“Accetta o no?”
“Senta sbrighiamoci”

Ma nella Top Infinito da stilare per i posteri ci mettiamo anche:

– il tipo in uniforme del controllo di sicurezza, che, vedendomi vestito di nero con lo zaino nero –> cattivo –> minaccia, come se i cattivi non avessero altro di cui preoccuparsi in questo momento (“Non si disturbi a passare il bastoncino anti-qualsiasi cosa sul mio iPad, ho altre priorità io: la mia famiglia, ad esempio, altro che pandemia, altro che terrorismi”);

– il tipo addetto al controllo della febbre di Orly che me la misura e mi fa i complimenti per la mia salute (“WOW, IMPEC”), e io mi guardo attorno cercando di capire se grattarsi le palle è: a) ancora un gesto socialmente accettato, b) pur sempre un assembramento con me stesso, e dunque vietato dalle brigate di Musumeci; c) un privilegio da maschio bianco meridionale superstizioso (“oddio che orrore, ma ancora credi a queste cose, là fuori c’è gente che soffre sul serio e tu ti gratti le palle”), un maschio peraltro assai deludente che prima cede all’impulso del grattamento e poi si lava la coscienza mettendo like su Instagram a minoranze a caso con le cosce e il pugno di fuori;

-il modulo di autocertificazione di SANA E ROBUSTA COSTITUZIONE da presentare in aeroporto, “altrimenti le sarà rifiutato l’ingresso in aeroporto” (ma che nessuno mi chiederà mai), sommato al modulo di “self declaration form justifying travel in Italy of persons arriving from abroad”, in cui devi certificare qualsiasi cosa abbia a che fare con la violazione di un concetto che per cinque minuti andò di moda verso la fine degli anni ’90 (“la privacy”), da compilare, mi raccomando, con la penna in “vostro possesso perché noi su quest’aereo non abbiamo modo di SANIFICARE le BIC”, e qui vorrei aprire una parentesi sul geniale passeggero siciliano che inizia a dare in escandescenze fingendo di essere un analfabeta quando la hostess dice “i vostri dati personali”, e, con la scusa di non avere la penna (lo urla A GESTI) si rifiuta di compilare il modulo e nessuno gliene renderà conto da qui al ritiro bagagli (rendendo inutili, nell’ordine: la penna che mi sono portato da casa, le task force dell’OMS, l’umanità, TUTTE COSE);

-la registrazione al sito SiciliaSiCura, geniale invenzione musumeciana per preservare la PUREZZA SICILIANA e al contempo i PICCIOLI dei turisti, la quale registrazione prevede un check-in da fare appena si atterra su suolo immacolato (tempesta di mail che me lo ricordano in caps lock: ATTENZIONE SOLO QUANDO SARAI IN SICILIA): clicchi sul bottone e si apre una schermata con la domanda COME TI SENTI? E due possibili risposte: a) Sto bene; B) Sto male, abbattetemi.

Ma poi l’aereo non è caduto, ho fatto amicizia con più persone che in tutti i miei Parigi-Palermo precedenti (potenza degli interdetti: prendere gli aerei in tempi pandemici significa abbattere i muri, e avere solo voglia di parlare, condividere, stare vicini, sì, stare vicini), ho decantato le bellezze persino di Agrigento, ho dispensato consigli ma non segreti, ho espresso a due francesi che volevano provare la granita a Palermo tutto il mio disprezzo, ho recuperato la valigia di questo biglietto di sola andata, ho pensato Temevo peggio, ho pensato Sarà dolce scavallare in questo mare, mi sono diretto verso l’uscita, mi sono diretto verso il parcheggio.

I miei genitori mi aspettavano fuori dalla macchina. Erano loro, ero io. Mi sono avvicinato, mia madre mi ha guardato e ha detto Sei fatto troppo magro, mio padre mi ha guardato e mi ha detto Ma quindi non possiamo abbracciarci?

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