La briochette au chocolat blanc

Quando penso ai vaccini mi vengono in mente due cose, a volte una a volte l’altra. La prima sono i segni sul braccio dei miei genitori e dei miei zii e di tutti gli adulti e io, bambino negazionista incosciente, dicevo che schifo io non le voglio quelle cicatrici, ma siccome non sapevo ancora cosa fossero i vaccini, eppure già rifiutandoli, forse era solo che non volevo diventare adulto e vaccinato e restare bambino e frignone per sempre.

La seconda è che ai tempi dell’università avevo un amico che si vaccinava sempre contro l’influenza e io gli dicevo Me pari un vecchio ma che ti vaccini a fare siamo giovani ma che ci deve succedere e lui si toccava i coglioni e dava pure un colpetto di tosse già che c’era e poi andavamo a fare lezione con Maurizio Costanzo e Laura Freddi e io lo sfottevo da lontano facendo l’imitazione di un vecchio.

Parlo di vaccini perché l’altro giorno finalmente ho fatto il vaccino (“HAI FATTO IL VACCINO PER IL COVID?” “No, papà, per l’influenza, vivo in Francia, non in Russia, ricordi?”). Dopo settimane di muri sbattuti (“Monsieur Morabito, il vaccino lo diamo prima alle persone anziane” “Ma io sono anziano, vecchio, vecchissimo, faccio i meme su Orson Welles” “No monsieur Morabito, lei è giovanissimo, ed è anche in perfetta forma a quanto vedo” “Oh grazie”), finalmente hanno aperto a tutti la possibilità di vaccinarsi.

Così sono andato in questo centro di vaccini vicino casa mia dove ti fanno il vaccino gratis. Ho suonato al citofono del centro vaccini, sono entrato, ho parlato con la tipa dei vaccini all’accueil (“Monsieur Morabito, lei ha un cognome così bello, così facile da scrivere, non capita tutti i giorni” “Lo so, signora, LO SO”) e mi sono seduto ad aspettare nella sala d’aspetto dei vaccini. Ho guardato i poster sui vaccini ai muri, la gente che usciva con questo senso del drama tenendosi il braccio come se avesse fatto il fronte nel ’15-’18 e ho pensato Pensa se entra qua dentro un negazionista antivaccinista, esplode senza manco capirci niente. Poi ho pensato ai segni sul braccio degli adulti quando ero bambino e al mio amico che si toccava i coglioni ogni volta che a ottobre arrivavano i primi venticelli freschi e poi qualcuno ha fatto il mio nome.

Mentre alzavo la manica del maglione la dottoressa mi ha chiesto: lei è allergico al pollo? Ho fatto la faccia Aubrey Plaza e ho detto AL POLLO? Lei l’ha preso per un no e ha rilanciato: e all’uovo? Io ho guardato la segretaria che in un angolo della stanza stava stenografando i nostri dialoghi (“Ma perché nell’angolo della stanza dei vaccini c’è una persona che stenografa i nostri dialoghi?”) cercando un sostegno non dico amichevole ma proprio umano ma quella ha scrollato le spalle tipo Ah beh non guardare me e ha ricominciato a battere sui tasti mentre la dottoressa diceva No perché questo vaccino è stato fatto con il pollo e con l’uovo. Io ho pensato Meno male che sono flexitariano sennò qua finiva veramente a schifìo, poi ho detto No, sono solo allergico alla polvere ho fatto le prove allergiche una volta a Roma questo vaccino non è mica fatto con la polvere?, e a posteriori credo che qui la dottoressa abbia deciso di togliermi il saluto, perché da quel momento non mi ha più degnato di uno sguardo, mi ha fatto la puntura e mi ha solo detto Aspetti cinque minuti in sala d’attesa per sicurezza e poi vada via.

Mentre tornavo a casa a piedi, pensando al mio amico dell’università, a Laura Freddi, a mia nonna, alle cicatrici sul braccio di mio zio quando andavamo al mare tutti assieme a Scopello, ho preso una traversa a caso e ho visto una boulangerie che non avevo mai notato prima della pandemia. Sono entrato, ho chiesto alla panettiera Ma siete nuovi?, lei mi ha detto Bonjour, ho detto Vorrei questa briochette au chocolat blanc e lei ha detto Ma lei abita nel quartiere?, poi sono uscito e mentre mangiavo la briochette au chocolat blanc ho pensato Questa briochette au chocolat blanc è la migliore briochette au chocolat blanc che abbia mai mangiato, se non fossi andato a farmi il vaccino non l’avrei scoperta, certo che la vita è proprio buffa.

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