Cento euro

A Natale Macron mi ha regalato cento euro. Non solo a me, a tutti i residenti che pagano le tasse in Francia. Io sono residente in Francia, pago le tasse in Francia e tra i propositi del nuovo anno c’è quello di prendere la nazionalità francese. Devo ancora sciogliere qualche dubbio sul fatto di voler diventare parte di questa gente, ma nell’attesa io i cento euro me li merito tutti.

In realtà diverse categorie devono ancora ricevere i soldi, ma abbiamo le parole giuste, usiamole: si chiama “indemnité inflation” e non c’è bisogno di tradurre. Ora, cento euro non cambiano la vita, ma un paio di scarpe con i saldi di gennaio probabilmente sì. Per capire come sta messa la gente, se digiti su google “100 euros Macron” il primo risultato che appare è QUANDO? La gente ha bisogno di risposte, ma soprattutto di potere d’acquisto.

Tra tre mesi si terranno le elezioni presidenziali: il primo turno il 10 aprile, il secondo il 24 aprile. Per la prima volta dopo moltissimo tempo le parole maggio e francese non potranno stare nella stessa frase. Molto triste. Quanto tempo è tre mesi? Poco? Molto? Più o come meno come cento euro? Non so, ma ecco la situazione: in questo momento in Francia ci sono più candidati che gente disposta ad ammettere che la vita ha ancora un senso. Candidate fasciste, candidati più a destra dei fascisti, candidati mezzi fascisti, donne fasciste, gay fascisti, comunisti fascisti, verdi pallidi, socialiste in via d’estinzione, passanti ubriachi: meno male che non ho ancora la nazionalità perché avrei avuto davvero l’imbarazzo a scegliere in mezzo a gente da cui non mi farei offrire non dico una cena, ma nemmeno cento euro.

Macron ancora non ha sciolto le riserve su una sua candidatura, ma insomma sappiamo già come andrà a finire. Per ora ha l’atteggiamento del preside buono che lascia sfogare i bimbetti e le bimbette nel cortile durante la ricreazione, e al momento giusto alzerà la voce e ordinerà di tornare in classe. Il copione sembra già scritto. D’altronde in Francia sono abitudinari, si affezionano alle cose e ci mettono sempre un po’ a liberarsene: i diritti umani, gli scioperi, la satira, i libri di Houellebecq a gennaio, cose così.

Per cinque anni ho sperato in un’alternativa credibile a questo modello economico e politico, a questa classe dirigente, a questo impoverimento del discorso pubblico. Ma adesso il tempo sta scadendo e i segnali sono pessimi. Come diceva mia nonna, meglio il tinto conosciuto che il buono da conoscere? Non so, so che il mondo si è complicato ulteriormente, tutto quello che poteva andare storto andrà ancora più storto e io nel frattempo mi sono fatto più pragmatico: per esempio l’unica cosa mi interessa in questo momento è capire come spendere questi cento euro.